La plusdotazione, o giftedness, non è facilmente descrivibile sia per una pluralità di definizioni presenti in letteratura, sia perché in parte si riferisce al tanto discusso tema dell’intelligenza, o delle intelligenze.
Ad oggi possiamo dire che la definizione di plusdotazione è strettamente correlata al contesto culturale, al periodo storico e a quali qualità, talenti ed attitudini si possono considerare rilevanti in un dato contesto. Di fatto sono considerati studenti plusdotati coloro che hanno capacità nettamente superiori alla norma, ossia che hanno elevate capacità intellettive, artistiche, creative o di leadership, oppure eccellono in ambiti accademici specifici (matematica, scienze, informatica, ecc.). Proprio per questo si ritiene che bambini e ragazzi plusdotati necessitino di un adeguato sostegno e di attività a loro dedicate per poter sviluppare appieno il loro potenziale. Rappresentano il top 5% della popolazione studentesca, ma in letteratura si ritiene utile intervenire in supporto dell’8% o anche 10% della popolazione.
La plusdotazione è definita come una dissincronia dello sviluppo dove elevate abilità cognitive e la capacità di svolgere le attività con una notevole intensità si combinano per creare delle esperienze interiori ed una consapevolezza che sono considerate non in linea con l’età cronologica. Ciò che accomuna queste persone è la percezione di quello che accade intorno a loro, così come la consapevolezza e la comprensione del mondo, delle regole sociali, della giustizia, e ancora la velocità di apprendimento, una maggiore sensibilità e capacità di analisi delle situazioni.
Riconoscere i bambini plusdotati o dotati non è semplice, soprattutto nei casi in cui il talento non si manifesta palesemente, ad esempio a scuola lavorano al di sotto del loro potenziale (ottenendo risultati al di sotto di quanto potrebbero – underachievement) o tendono a nascondere le loro capacità per svariati motivi che possono riguardare il mancato riconoscimento delle abilità, un ambiente sociale e/o scolastico sfavorevole, una bassa autostima, e così via.
La valutazione delle competenze cognitive, attitudinali, motivazionali, creative, emotive, ecc., può pertanto rivelarsi utile per sostenere lo sviluppo di questi bambini e ragazzi.
Un sostegno individuale o alla famiglia può essere utile di fronte a momenti di difficoltà, in cui l’ambiente tende a imporre modalità univoche di ragionamento e apprendimento, bloccando creatività e sviluppo del pensiero divergente; quando è chiesta una prestazione, un risultato legato non a ciò che si sa ma a ciò che è richiesto, anche la mera ripetizione di un’abilità (es. nei primi anni di scuola capita spesso che ai bambini plusdotati siano richiesti compiti per loro molto semplici, ma da dover ripetere più e più volte), portando a perdita della motivazione, disaffezione o abbandono scolastici (drop-out); quando si osservano difficoltà emotivo-relazionali nel contesto dei pari o della famiglia; quando i genitori si pongono interrogativi sulle relazioni familiari, tra fratelli, sulle richieste del/la figlio/a, sulla scuola e le scelte scolastiche.
Può rivelarsi altrettanto utile un intervento a livello scolastico, proprio perché se ambiente sociale, scolastico e familiare interagiscono positivamente, è più semplice sostenere un adeguato sviluppo di bambini e ragazzi plusdotati.